RISCHIO FALLIMENTO
Ma la community non dà soldi'Anno duro per i social network'
Da Facebook a MySpace, stanno tutti attraversando difficoltà. Far pagare gli utenti? O vendersi ai grandi operatori?.
Social network come Facebook e MySpace sono giganti dai piedi d'argilla e molti di loro nel 2009 sbatteranno il muso contro la crisi. Alcuni falliranno e chiuderanno bottega. Oppure si faranno acquistare da giganti del web. Altri dovranno ridurre le pretese e mettere in campo rimedi sgradevoli quanto necessari, come cominciare a far pagare gli utenti per alcuni servizi ora dati gratis. Il problema è che la pubblicità già ora non riesce a coprire le spese, per molti social network, e nel 2009 andrà peggio. Sono stime che vengono dai vari ricercatori esperti di questo mercato. In particolare a parlare di rischio fallimento sono stati gli analisti di Deloitte Research: fanno notare che i social network si sono fatti prendere da manie di grandezza e ora si trovano stretti in una tenaglia, tra i costi che crescono e i ricavi pubblicitari che non aumentano a sufficienza. Ormai i principali siti pagano 100 milioni di dollari l'anno, ciascuno, per archiviare i dati degli utenti. Hanno permesso loro di pubblicare foto e video in grandi quantità. File pesanti, che occupano spazio su hard disk e server, e che consumano banda. Di contro, secondo Deloitte un social network tipico ricava per ogni utente iscritto solo qualche centesimi di euro. Gli analisti di Ovum, un altro osservatorio di ricerca, commentano quindi che molti social network non riescono a fare ancora soldi in modo adeguato in rapporto al numero di utenti che hanno. Vale soprattutto per Facebook, che ha un modello di business ancora da sistemare, e per Twitter, che invece non ne ha affatto uno. Già, Twitter ha zero entrate: deve ancora decidere come trasformare in soldi la propria popolarità. Pessimista è anche eMarketer, uno dei più autorevoli osservatori specializzati. Nei giorni scorsi ha rivisto le previsioni sui ricavi pubblicitari di Facebook, di MySpace e del mercato in generale, per il 2008 e il 2009. Le ha ridotte del 20 per cento circa, rispetto alle stime fatte prima della crisi.
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Facebook conferma il ribasso: il ceo Mark Zuckerberg ha appena dichiarato al BusinessWeek che prevede di ricavare 250-300 milioni nel 2008, contro i 300-350 milioni stimati in precedenza. Dai calcoli di eMarketer si apprende anche un'altra cosa: MySpace fa da solo circa metà dei ricavi del mercato totale dei social network. Facebook ricava molto di meno (meno della metà di MySpace), anche se ormai è il social network con il maggior numero di utenti al mondo (130 milioni). È come gridare che il re è nudo: Facebook è un fenomeno sociale, richiama analisi di scrittori, guru, sta esplodendo in Italia con un successo di pubblico insolito da queste parti, attirando nella rete anche utenti alle prime armi con l'informatica. Eppure non riesce a fare profitti, a differenza di MySpace, che è in positivo di poche decine di milioni di dollari l'anno. Nel novero dei social network che bruciano soldi, tanto popolari quanto non profittevoli, c'è anche Youtube, posseduto da Google: anche questo sito come Facebook è ancora alla ricerca di un modello di business efficace. Il punto è che non è facile trasformare in denaro, con gli sponsor pubblicitari, i dati e i contenuti forniti dagli utenti. È un business molto nuovo, pochi grandi sponsor sono disposti a sperimentarlo e in tempi di crisi sono ancora più prudenti del solito. Preferiscono affidarsi a strumenti pubblicitari più consolidati, che garantiscano meglio il ritorno dell'investimento: per esempio, link sponsorizzati sui motori di ricerca. Di contro, i social network devono stare attenti a non tirare troppo la corda con i propri utenti: li farebbero fuggire, se li bombardano di pubblicità o se sono troppo aggressivi nello sfruttare, per il marketing, i loro dati personali. Finora il gioco comunque si è retto in piedi, perché anche se social network come Facebook e Twitter non fanno profitti possono contare sui finanziamenti dei capitalisti di ventura. Sono investitori che scommettono soldi in piccole aziende innovative e di solito hanno pazienza anche per 5-10 anni prima di vedere un ritorno. La crisi toglie però anche questo terreno dai piedi dei social network: i capitalisti di ventura stanno stringendo i cordoni della borsa. Accedere al credito diventa più difficile, i soldi disponibili diminuiscono e vengono distribuiti con più prudenza e parsimonia. La soluzione? Secondo gli analisti i network cercheranno di differenziare le fonti di ricavo, affiancando l'e-commerce alla pubblicità. Alcuni venderanno indirettamente la musica, facendo accordi con fornitori come Amazon e Apple (iTunes). Youtube ha già fatto questo passo, MySpace lo farà l'anno prossimo (ha annunciato). Facebook punterà di più sulla vendita di servizi ai clienti (come i regali virtuali, che nel 2008 porteranno 50-60 milioni di dollari, secondo le stime di Silicon Alley Insider). È probabile quindi che diventeranno a pagamento alcuni servizi adesso gratuiti, come la pubblicazione di video. I rimedi non basteranno a tutti per salvare il business: gli analisti stimano quindi che alcuni saranno costretti a chiudere o a farsi comprare da giganti come Google o Microsoft. I quali potrebbero usare i social network per potenziare le proprie piattaforme pubblicitarie, ora centrate sui motori di ricerca.
Ma la community non dà soldi'Anno duro per i social network'
Da Facebook a MySpace, stanno tutti attraversando difficoltà. Far pagare gli utenti? O vendersi ai grandi operatori?.
Social network come Facebook e MySpace sono giganti dai piedi d'argilla e molti di loro nel 2009 sbatteranno il muso contro la crisi. Alcuni falliranno e chiuderanno bottega. Oppure si faranno acquistare da giganti del web. Altri dovranno ridurre le pretese e mettere in campo rimedi sgradevoli quanto necessari, come cominciare a far pagare gli utenti per alcuni servizi ora dati gratis. Il problema è che la pubblicità già ora non riesce a coprire le spese, per molti social network, e nel 2009 andrà peggio. Sono stime che vengono dai vari ricercatori esperti di questo mercato. In particolare a parlare di rischio fallimento sono stati gli analisti di Deloitte Research: fanno notare che i social network si sono fatti prendere da manie di grandezza e ora si trovano stretti in una tenaglia, tra i costi che crescono e i ricavi pubblicitari che non aumentano a sufficienza. Ormai i principali siti pagano 100 milioni di dollari l'anno, ciascuno, per archiviare i dati degli utenti. Hanno permesso loro di pubblicare foto e video in grandi quantità. File pesanti, che occupano spazio su hard disk e server, e che consumano banda. Di contro, secondo Deloitte un social network tipico ricava per ogni utente iscritto solo qualche centesimi di euro. Gli analisti di Ovum, un altro osservatorio di ricerca, commentano quindi che molti social network non riescono a fare ancora soldi in modo adeguato in rapporto al numero di utenti che hanno. Vale soprattutto per Facebook, che ha un modello di business ancora da sistemare, e per Twitter, che invece non ne ha affatto uno. Già, Twitter ha zero entrate: deve ancora decidere come trasformare in soldi la propria popolarità. Pessimista è anche eMarketer, uno dei più autorevoli osservatori specializzati. Nei giorni scorsi ha rivisto le previsioni sui ricavi pubblicitari di Facebook, di MySpace e del mercato in generale, per il 2008 e il 2009. Le ha ridotte del 20 per cento circa, rispetto alle stime fatte prima della crisi.
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Facebook conferma il ribasso: il ceo Mark Zuckerberg ha appena dichiarato al BusinessWeek che prevede di ricavare 250-300 milioni nel 2008, contro i 300-350 milioni stimati in precedenza. Dai calcoli di eMarketer si apprende anche un'altra cosa: MySpace fa da solo circa metà dei ricavi del mercato totale dei social network. Facebook ricava molto di meno (meno della metà di MySpace), anche se ormai è il social network con il maggior numero di utenti al mondo (130 milioni). È come gridare che il re è nudo: Facebook è un fenomeno sociale, richiama analisi di scrittori, guru, sta esplodendo in Italia con un successo di pubblico insolito da queste parti, attirando nella rete anche utenti alle prime armi con l'informatica. Eppure non riesce a fare profitti, a differenza di MySpace, che è in positivo di poche decine di milioni di dollari l'anno. Nel novero dei social network che bruciano soldi, tanto popolari quanto non profittevoli, c'è anche Youtube, posseduto da Google: anche questo sito come Facebook è ancora alla ricerca di un modello di business efficace. Il punto è che non è facile trasformare in denaro, con gli sponsor pubblicitari, i dati e i contenuti forniti dagli utenti. È un business molto nuovo, pochi grandi sponsor sono disposti a sperimentarlo e in tempi di crisi sono ancora più prudenti del solito. Preferiscono affidarsi a strumenti pubblicitari più consolidati, che garantiscano meglio il ritorno dell'investimento: per esempio, link sponsorizzati sui motori di ricerca. Di contro, i social network devono stare attenti a non tirare troppo la corda con i propri utenti: li farebbero fuggire, se li bombardano di pubblicità o se sono troppo aggressivi nello sfruttare, per il marketing, i loro dati personali. Finora il gioco comunque si è retto in piedi, perché anche se social network come Facebook e Twitter non fanno profitti possono contare sui finanziamenti dei capitalisti di ventura. Sono investitori che scommettono soldi in piccole aziende innovative e di solito hanno pazienza anche per 5-10 anni prima di vedere un ritorno. La crisi toglie però anche questo terreno dai piedi dei social network: i capitalisti di ventura stanno stringendo i cordoni della borsa. Accedere al credito diventa più difficile, i soldi disponibili diminuiscono e vengono distribuiti con più prudenza e parsimonia. La soluzione? Secondo gli analisti i network cercheranno di differenziare le fonti di ricavo, affiancando l'e-commerce alla pubblicità. Alcuni venderanno indirettamente la musica, facendo accordi con fornitori come Amazon e Apple (iTunes). Youtube ha già fatto questo passo, MySpace lo farà l'anno prossimo (ha annunciato). Facebook punterà di più sulla vendita di servizi ai clienti (come i regali virtuali, che nel 2008 porteranno 50-60 milioni di dollari, secondo le stime di Silicon Alley Insider). È probabile quindi che diventeranno a pagamento alcuni servizi adesso gratuiti, come la pubblicazione di video. I rimedi non basteranno a tutti per salvare il business: gli analisti stimano quindi che alcuni saranno costretti a chiudere o a farsi comprare da giganti come Google o Microsoft. I quali potrebbero usare i social network per potenziare le proprie piattaforme pubblicitarie, ora centrate sui motori di ricerca.
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